
Deepfake, Sextortion e Odio digitale: perché servono nuove difese per le donne
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La crescente attenzione istituzionale sul tema del femminicidio, rafforzata dal recente DDL che accelera misure di protezione e intervento, si interseca oggi con un fronte ancora più rapido e subdolo: la violenza digitale di genere. Deepfake pornografici generati in pochi minuti, sextortion automatizzata, campagne d’odio spinte da bot e sistemi di targeting aggressivo. È un ecosistema di minacce che cresce con la stessa velocità dell’intelligenza artificiale e che colpisce in modo diretto, continuo e devastante.
In questo scenario nasce #DigitalSafeYou, l’iniziativa firmata HWG Sababa, pensata per affrontare la cyberviolenza di genere come un’emergenza sociale e non solo tecnologica. L’azienda, già attiva nella cybersecurity, parte dall’interno con un programma di formazione e consapevolezza rivolto ai propri team, destinato ad aprirsi al pubblico nel 2026. Il messaggio è chiaro: non esiste sicurezza informatica senza sicurezza delle persone.
Il contesto non potrebbe essere più urgente. Mentre l’Italia consolida la struttura normativa contro le violenze, i dati europei mostrano una realtà allarmante: una donna su dieci subisce molestie online fin dall’adolescenza. Con l’esplosione della genAI, ogni smartphone può trasformarsi in un’arma, alimentando forme avanzate di abuso come pornografia deepfake, stalking digitale e manipolazione identitaria.
Ma l’AI può essere anche parte della soluzione. Tecniche avanzate di detection dei deepfake, sistemi di moderazione più intelligenti e strumenti per la segnalazione rapida stanno diventando essenziali per disinnescare l’impatto della violenza online. Ed è proprio in questa intersezione tra tecnologia e cultura che si posiziona #DigitalSafeYou: un progetto che reinterpreta la cybersecurity come impegno sociale, non solo come protezione di reti e infrastrutture. Nel 2025, difendere i dati senza difendere le donne significa ignorare metà del problema.
La dimensione europea conferma quanto il tema sia già strutturato. Secondo un recente rapporto dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), paesi come Romania e Cipro hanno introdotto leggi specifiche contro la violenza di genere mediata dal digitale. In Germania, negli ultimi anni, sono state condotte azioni mirate contro hate speech misogino e molestie online, dimostrando che una normativa solida può e deve tradursi in interventi reali, continui e misurabili.
La sfida ora è culturale oltre che tecnologica: costruire un ecosistema digitale dove le donne possano sentirsi protette, credute e tutelate. E dove l’innovazione non diventi un nuovo strumento di abuso, ma una leva di libertà.

