
Manager Room | CLAUDIA SCHETTINI: come la robotica sta cambiando gli equilibri geopolitici
Negli ultimi anni, la robotica e lâintelligenza artificiale sono diventate strumenti strategici a livello globale. In che modo la corsa allo sviluppo di queste tecnologie sta modificando gli equilibri di potere tra Stati Uniti, Asia orientale ed Europa?
La corsa allo sviluppo dellâintelligenza artificiale e della robotica sta modificando in modo strutturale gli equilibri di potere globali, spostando il terreno della competizione internazionale dalla supremazia militare o economica tradizionale alla capacità di controllo sulle tecnologie cognitive e automatizzate. In questo contesto, Stati Uniti, Asia orientale ed Europa stanno ridefinendo le proprie posizioni all’interno di una nuova gerarchia tecnologica, dove non conta solo la capacità produttiva, ma soprattutto il dominio sugli standard, le infrastrutture, i dati e i talenti.
Gli Stati Uniti mantengono una leadership incentrata sul settore privato e sulla scalabilità globale delle piattaforme tecnologiche, rafforzata da unâalleanza strategica tra Big Tech (ad esempio Nvidia, che nel 2024 ha raggiunto una capitalizzazione di mercato superiore ai 2.300 miliardi di dollari, e OpenAI, il cui modello GPT-4o ha segnato uno spartiacque per l’integrazione tra linguaggio e robotica), venture capital e agenzie federali come DARPA. CiÃē conferisce a Washington una influenza sistemica, che si estende oltre i propri confini attraverso lâadozione extraterritoriale di standard, lâattrazione di talenti globali e la dipendenza strutturale di molte economie dai semiconduttori e modelli IA statunitensi.
Al contrario, lâAsia orientale â con la Cina in testa â sta ridefinendo gli equilibri regionali e globali puntando su integrazione verticale, autosufficienza tecnologica e leadership nella robotica applicata. La Cina in particolare mira a spezzare la dipendenza da tecnologie occidentali, ridisegnando le catene globali del valore e proponendo modelli alternativi di governance tecnologica, spesso in chiave autoritaria, nei Paesi del Sud Globale. Questo comporta una crescente biforcazione del cyberspazio e dellâecosistema AI-robotica, che si traduce in un decoupling strategico tra blocchi rivali, sia sul piano commerciale che su quello normativo.
LâEuropa, pur disponendo di competenze industriali di rilievo, si trova in una posizione intermedia e potenzialmente marginale, schiacciata tra le due superpotenze. La sua forza risiede nella capacità regolatoria e nella definizione di standard etici e normativi, come il recente AI Act. Tuttavia, lâassenza di una vera politica industriale comune e la dipendenza da fornitori esterni per componenti critiche ne limitano lâautonomia strategica. Inoltre, il ritardo sugli investimenti ÃĻ significativo: nel 2023, gli investimenti privati in IA in Europa hanno rappresentato meno del 10% del totale globale, contro quasi il 50% degli USA (Stanford AI Index, 2024).
Lâascesa dellâIA e della robotica non solo ridefinisce le capacità produttive e cognitive degli Stati, ma introduce un nuovo campo di confronto geo-tecnologico, in cui il potere si misura nella capacità di modellare il futuro tecnologico del pianeta, piuttosto che nel solo controllo territoriale o militare. Gli Stati che sapranno controllare lâintersezione tra hardware, software, dati e infrastrutture cognitive eserciteranno unâinfluenza duratura sullâeconomia globale, sulle alleanze internazionali e persino sulla definizione delle norme democratiche o autoritarie di convivenza sociale.
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La Cina ha recentemente accelerato nellâinnovazione robotica, integrando ricerca, industria e politiche pubbliche. Quali sono le implicazioni geopolitiche di questa âascesa robotica cineseâ per la competizione internazionale e per la sicurezza economica degli altri Paesi?
Lââascesa roboticaâ della Cina ÃĻ parte della strategia Made in China 2025 e del piano China Standards 2035, con cui Pechino mira a diventare leader globale nei settori deep tech. Nel 2023 la Cina ha installato oltre 290.000 nuovi robot industriali, rappresentando il 52% del totale mondiale (IFR, 2024). Il governo ha identificato la robotica come tecnologia strategica, promuovendo distretti tecnologici integrati come quello di Shenzhen o Suzhou e sostenendo player nazionali come Siasun, Estun e DJI.
Geopoliticamente, ciÃē produce tre effetti principali:
Ridefinizione degli standard globali: la Cina mira a influenzare le regole dellâautomazione, proponendo standard alternativi a quelli occidentali nei forum internazionali (ITU, ISO).
Espansione geo-economica: tramite la Belt and Road Initiative digitale, la Cina esporta tecnologie robotiche nei Paesi del Sud Globale, con offerte integrate (robot, AI, infrastrutture 5G) che rafforzano la dipendenza tecnologica.
Risposta geopolitica degli USA: lâamministrazione Biden ha reagito con misure restrittive sulle esportazioni verso la Cina di chip avanzati (es. GPU Nvidia A100/H100), ampliando il perimetro della competizione strategica.
La robotica ÃĻ dunque parte di una nuova corsa al riarmo tecnologico, dove lâautomazione si lega alla sovranità digitale, alla sicurezza militare e al soft power.
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I modelli di sviluppo della robotica nei diversi Paesi variano tra approccio statalista (Asia) e privato (Stati Uniti). Come queste differenze influenzano le strategie imprenditoriali e le decisioni politiche nei rapporti tra Stati?
Le differenze strutturali tra modelli di sviluppo della robotica e dellâintelligenza artificiale â statalista in Asia e prevalentemente privatistico negli Stati Uniti â producono asimmetrie significative sia nelle strategie imprenditoriali che nelle decisioni politiche tra Stati, alimentando una competizione geo-economica modellata su logiche divergenti di governance tecnologica.
Sul piano imprenditoriale, le aziende che operano in contesti statalisti (come Cina o Corea del Sud) beneficiano di pianificazione industriale centralizzata, accesso agevolato a finanziamenti pubblici, protezione del mercato interno e coerenza normativa. Questi vantaggi consentono di sviluppare filiere nazionali integrate e di competere sui mercati esteri con un forte sostegno geopolitico, come avviene per i robot cinesi esportati nel Sud-est asiatico o in Africa tramite la Digital Silk Road. Ne deriva una proiezione strategica delle imprese nazionali allineata agli interessi dello Stato.
Al contrario, nei modelli liberal-capitalisti come quello statunitense, le imprese agiscono con maggiore autonomia ma sono esposte a dinamiche di mercato piÃđ aggressive e allâinstabilità normativa. Tuttavia, queste aziende (es. Amazon, Nvidia, Microsoft) sono spesso global player capaci di influenzare la politica estera stessa: basti pensare al ruolo di OpenAI o Google DeepMind nella diplomazia tecnologica USA, o alla capacità di lobbying delle Big Tech nella definizione di standard internazionali. In questo contesto, il rapporto pubblico-privato si configura come una forma di “alleanza strategica flessibile”, dove lo Stato interviene selettivamente (es. controlli sulle esportazioni verso la Cina) per orientare la traiettoria geopolitica dellâinnovazione.
Le ricadute sui rapporti tra Stati sono rilevanti: nei confronti di attori asiatici, ad esempio, lâUE e gli USA devono negoziare non solo con imprese, ma con interi sistemi-paese. Questo rende meno simmetrici i partenariati industriali e piÃđ complessa la cooperazione tecnologica, poichÃĐ ciÃē che nei contesti democratici ÃĻ una decisione aziendale, nei regimi autoritari ÃĻ spesso una scelta politica mascherata da impresa.
Infine, queste divergenze influenzano anche la geopolitica delle alleanze industriali. Gli Stati democratici tendono a costruire reti transnazionali basate su principi condivisi (es. AI Partnership, G7 Code of Conduct sullâIA), mentre i modelli autoritari propongono accordi bilaterali strumentali o pacchetti infrastrutturali all-inclusive. Il risultato ÃĻ una crescente polarizzazione nei regimi tecnologici globali, che limita lo spazio per una governance multilaterale realmente inclusiva.
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Lâintegrazione di robotica e IA nei settori industriali e dei servizi sta ridefinendo le catene del valore e la competitività internazionale. Quali sono i rischi e le opportunità per le imprese europee in questo nuovo scenario multipolare?
Lâintegrazione di intelligenza artificiale e robotica nei settori industriali e dei servizi sta ridefinendo in profondità le catene globali del valore, innescando un processo di riallocazione delle attività produttive che mette alla prova la competitività delle imprese europee. In questo contesto multipolare, dove Stati Uniti e Cina guidano la corsa allâautomazione avanzata, le imprese europee si trovano a operare tra sfide sistemiche e nuove opportunità di posizionamento strategico.
Tra i principali rischi, si segnala innanzitutto la dipendenza tecnologica da attori extraeuropei, in particolare per componenti critiche come semiconduttori, sensori, sistemi di visione artificiale e software di machine learning. Questa vulnerabilità si traduce in maggiore esposizione a shock esterni (come dimostrato dalla crisi dei chip del 2021), oltre che in perdita di controllo sulle tecnologie abilitanti. Inoltre, la frammentazione del mercato unico digitale europeo e lâassenza di un ecosistema industriale integrato rallentano lâadozione scalabile di soluzioni robotiche, soprattutto da parte delle PMI. Il rischio ÃĻ che lâEuropa si limiti a svolgere un ruolo di âassemblatore avanzatoâ, rimanendo ai margini della governance algoritmica e dei brevetti chiave.
Tuttavia, questo stesso scenario apre anche a opportunità rilevanti. In primo luogo, lâuso combinato di IA e robotica consente alle imprese europee di aumentare la produttività senza delocalizzare, favorendo operazioni di reshoring intelligenti in settori strategici come lâautomotive, lâaerospazio, lâagritech e la logistica. Alcune aziende, come Bosch, Schneider Electric o Comau, stanno già implementando soluzioni di automazione flessibile e robot collaborativi (cobot), integrati con sistemi AI per la manutenzione predittiva e lâottimizzazione energetica. Inoltre, lâEuropa puÃē valorizzare la propria leadership nella regolazione etica e nella progettazione di tecnologie affidabili (trustworthy AI), rafforzando il proprio soft power industriale in mercati che richiedono elevati standard di sicurezza, trasparenza e accountability.
Un ulteriore vantaggio competitivo per le imprese europee risiede nella robotica ad alto valore aggiunto per i servizi: sanità , assistenza alla persona, manutenzione urbana, turismo e logistica. In questi settori, la domanda di automazione ÃĻ in crescita, ma non puÃē essere soddisfatta da modelli generalisti made-in-USA o made-in-China. Le imprese europee possono cosÃŽ sviluppare soluzioni verticali, sostenibili e culturalmente adattabili, anche grazie a programmi di co-finanziamento pubblico come Horizon Europe, Digital Europe Programme o gli IPCEI (Important Projects of Common European Interest).
In sintesi, la sfida per le imprese europee non ÃĻ tanto inseguire i modelli di scala di USA o Cina, quanto costruire un vantaggio competitivo su tecnologie affidabili, integrate e âhuman-centricâ, che rispondano sia alle esigenze produttive sia agli standard sociali propri del mercato europeo.
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Dal punto di vista delle relazioni internazionali, quanto conta oggi la capacità di un Paese di localizzare la produzione di componenti critici per la robotica (come chip e sensori) e quali sono le conseguenze di una dipendenza da fornitori stranieri?
Dal punto di vista delle relazioni internazionali, la capacità di un Paese di localizzare la produzione di componenti critici per la robotica â come semiconduttori, sensori, attuatori e sistemi embedded â ÃĻ oggi un indicatore strategico di potere economico e autonomia geopolitica. In un contesto multipolare segnato da crescente rivalità tecnologica e frammentazione delle catene del valore, il controllo su questi elementi chiave non rappresenta solo un vantaggio industriale, ma una vera e propria leva di politica estera.
La pandemia e le tensioni geopolitiche (guerra in Ucraina, rivalità USA-Cina, crisi di Taiwan) hanno evidenziato la vulnerabilità delle catene globali iper-specializzate. La dipendenza strutturale da fornitori terzi â in particolare Taiwan (TSMC) e Corea del Sud (Samsung) per i chip avanzati â espone molti Paesi a rischi non solo economici, ma anche diplomatici e di sicurezza nazionale. Basti pensare che il solo blocco temporaneo di forniture da parte di TSMC nel 2021 ha costretto lâintera industria automobilistica europea a rallentare o sospendere la produzione, generando perdite stimate in oltre 100 miliardi di euro (ACEA, 2023).
In risposta, il tema della localizzazione ÃĻ diventato centrale in diverse agende strategiche nazionali: gli Stati Uniti hanno varato il CHIPS and Science Act con 280 miliardi di dollari per rilocalizzare la produzione; la Corea del Sud ha annunciato nel 2023 il âK-Semiconductor Beltâ; lâUE ha approvato il Chips Act europeo da 43 miliardi, puntando a raddoppiare entro il 2030 la quota europea nella produzione globale di semiconduttori (dal 10% al 20%).
Questa corsa alla localizzazione ha almeno tre implicazioni geopolitiche fondamentali:
Ridistribuisce il potere negoziale tra Stati: i Paesi che controllano nodi critici delle catene del valore diventano attori centrali nei tavoli multilaterali, influenzando scelte su commercio, sicurezza e standard tecnologici.
Rende le supply chain strumenti di pressione diplomatica o ritorsione, come mostrano le restrizioni USA sulle esportazioni di GPU e chip verso la Cina, o le contro-sanzioni di Pechino sulle terre rare.
Incentiva la formazione di alleanze selettive e partenariati regionali: accordi come il Chip 4 Alliance (USA-Giappone-Corea-Taiwan), il Digital Connectivity and Cybersecurity Partnership lanciato dagli USA, o i tentativi UE di âamicizia strategicaâ con India e Vietnam per diversificare la produzione.
In questo scenario, la dipendenza da fornitori stranieri non ÃĻ piÃđ solo una questione industriale, ma un fattore di vulnerabilità strategica che puÃē limitare la sovranità decisionale di uno Stato, condizionare la sua politica estera e ridurne la resilienza in caso di crisi globali.
In definitiva, chi controlla la produzione e lâaccesso ai componenti critici della robotica e dellâintelligenza artificiale non solo detiene un vantaggio tecnologico, ma possiede anche un potere di modellazione dellâordine internazionale emergente, orientato non piÃđ solo su confini fisici, ma su infrastrutture cognitive e automatizzate.
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Guardando al futuro, quali politiche industriali e di ricerca dovrebbero adottare i Paesi che vogliono giocare un ruolo di primo piano nella governance globale della robotica e dellâintelligenza artificiale?
Per assumere un ruolo di primo piano nella governance globale della robotica e dellâintelligenza artificiale, i Paesi devono adottare politiche industriali e di ricerca capaci di coniugare autonomia strategica, attrattività tecnologica e cooperazione multilaterale. Un primo passo ÃĻ lâinvestimento in poli di eccellenza per lâintegrazione tra AI e robotica, come dimostrano esperienze già avviate nellâUE con progetti come AI4EU o il distretto tedesco della Robot Valley, che mirano a creare sinergie tra industria, ricerca e startup. A ciÃē si aggiunge la necessità di rafforzare il procurement strategico pubblico, indirizzando gli acquisti statali verso tecnologie ad alto impatto sociale, come i robot per la sanità , la manutenzione predittiva delle infrastrutture o lâagricoltura di precisione.
Un altro elemento centrale ÃĻ la promozione di standard tecnici aperti e interoperabili, che possano favorire lâadozione globale di normative europee â come già accaduto con il GDPR â e rafforzare lâinfluenza normativa dellâEuropa nella definizione delle regole internazionali. In parallelo, ÃĻ fondamentale consolidare la cooperazione tecnologica tra Paesi alleati attraverso sedi multilaterali come G7, G20 e OCSE, per evitare una frammentazione tecnologica globale e lo sviluppo di âecosistemi paralleliâ incompatibili (cosiddetto splinternet tecnologico).
Infine, serve una strategia coerente per attrarre e trattenere talenti, contrastando il brain drain europeo verso Stati Uniti e Asia, attraverso programmi educativi avanzati e ambienti favorevoli alla ricerca. La governance globale dellâIA e della robotica, in ultima analisi, dovrà essere guidata da principi di trasparenza, responsabilità ed equità , per garantire che lâinnovazione tecnologica non rafforzi disuguaglianze esistenti nÃĐ favorisca modelli autoritari di automazione e controllo.
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CLAUDIA SCHETTINI ÃĻ Research Associate Fellow presso l’ISPI.
Ha conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche presso la LUISS Guido Carli, una laurea magistrale in Sicurezza Internazionale presso Sciences Po di Parigi e un dottorato di ricerca in Politica Globale e Diritti Umani presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Prima di iniziare il dottorato, Claudia ha lavorato presso la NATO Atlantic Treaty Association, dove ha sviluppato un vivo interesse per il campo della sicurezza informatica e delle politiche digitali. Durante il suo periodo di ricerca presso l’Università di Cambridge, ha lavorato per la società di consulenza svizzera Horizon Groups, occupandosi di analisi strategiche e fornendo consulenza su politiche e standard internazionali di sicurezza informatica, inclusi i framework ISO e IEC.
Con una tesi di dottorato incentrata sulla gestione degli abusi facilitati dalla tecnologia attraverso una modellazione adattiva delle minacce, le sue principali pubblicazioni e i suoi interessi riguardano la governance delle nuove tecnologie, l’intersezione tra intelligenza artificiale e sicurezza informatica e le implicazioni geopolitiche delle minacce informatiche.
Giuliana Gagliardi
DiPLANET.Tech