I rischi legati alla gestione della comunicazione con le Ai
La sicurezza informatica nella Pa e rapporti con l’utenza. In Italia, oltre ventimila siti web sono gestiti dalla Pubblica Amministrazione.
Intervista a Marco Magheri
Segretario Generale dell’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale
—
Recentemente, negli USA è stata presentata la “Quarta versione evolutiva dell’Intelligenza artificiale generativa”: Questo significa, in un solo colpo, mettere a rischio alcuni scenari di protezione dei dati secondo schemi che sono, ormai, superati. Cosa significa in termini pratici?
Significa che siamo nel mezzo di innovazioni dirompenti che portano con sé rischi e opportunità e che dobbiamo governare i processi per non subirli. Stiamo vivendo la “Quinta rivoluzione industriale”, come allerta anche la Commissione Europea con un Rapporto del 2021. Tra le opportunità vedo nuove occasioni e modalità di relazione tra cittadini, aziende e istituzioni, a condizione che siano inclusive e trasparenti.
Sul fronte della sicurezza – per contenere i rischi – c’è da lavorare sulla consapevolezza di tutti. I 21.700 portali istituzionali della PA, secondo gli ultimi dati AGID (Agenzia Italia Digitale) dello scorso mese di dicembre, sono un fronte estremamente sfrangiato da difendere dai cybercriminali.
Occorre educare, anche il pubblico, alla corretta interpretazione del valore dei propri dati, aiutandoli a riconoscere che un diritto come la tutela delle proprie informazioni online non può essere contrabbandato come un privilegio. Su questo fronte c’è ancora molto da fare.
Facciamo l’esempio di controlli per combattere l’evasione o l’elusione fiscale: vanno ridisegnati processi, procedure, linguaggi, aspetti organizzativi… tutto è organizzato in funzione di chi già lavora negli uffici, meno di chi vuole sfuggire ai doveri verso la comunità, o di chi, per ragioni culturali o linguistiche, ha tutta la volontà di fare il proprio dovere di cittadino ma si scontra contro ridondanze procedurali. Non è più accettabile. Mi verrebbe da dire: “Ci vorrebbero più open data, ma soprattutto, più open mind!”
Lei ha affermato che le guerre si combattono, oggi, più sugli schermi dei computer che sui campi di battaglia. Cosa intende?
Era il 1999 quando Gino Strada, il fondatore di Emergency, usò l’immagine dei “pappagalli verdi” per far conoscere al mondo (o almeno in Italia) il criminale uso delle bombe a grappolo in Afghanistan. Bombe che cadevano al suolo ma non esplodevano e, colorate per attirare la curiosità dei bambini, li mutilavano o li accecavano. Oggi le guerre si combattono anche sul fronte dei nostri schermi e i “pappagalli verdi” hanno cambiato piumaggio e si presentano a noi sotto forma di “memi”: immagini innocue, frasi illuminanti, descrizioni divertenti, news verosimili che, giorno dopo giorno, condivisione dopo condivisione, cambiano il nostro modo di leggere la realtà e quindi i nostri comportamenti. Siamo lentamente mutilati del nostro pensiero critico. Non a caso, la “memetica” viene studiata non tanto nelle università quanto nelle accademie militari e nelle scuole di Intelligence.
Formazione alla comunicazione per i pubblici dipendenti. Questo vale anche per il settore privato. Il primo passo da fare?
Come Associazione Comunicazione Pubblica, da oltre trent’anni avvertiamo molto il valore della formazione, della deontologia, della vocazione all’innovazione e della responsabilità e consapevolezza che animano i civil servant (o chi lo vuole diventare) impegnati nell’informazione e nella comunicazione per la PA.
Utilizzare tutti gli strumenti, tutti i canali e tutti i linguaggi in una chiave omnicanale deve essere il mantra di chi si prende cura della relazione e della reputazione della PA, troppo spesso nelle mani di persone senza una adeguata preparazione o troppo connessa con il vertice politico pro tempore.
Quel che Mario Draghi disse per salvare l’euro: “Whatever it takes”, “a qualunque costo”, vale anche per salvare la relazione di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. E vale anche per il mondo delle aziende private.
FAKE NEWS e AI, il nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti sarà uno strumento in più per la sicurezza?
Uno dei rischi – non nuovi – che l’intelligenza artificiale generativa porta con sé è il rendere disponibile, praticamente a chiunque, uno strumento potentissimo che può “avvelenare i pozzi” della verità. Già nel 2020 Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali ammoniva sul pericolo derivante dal “deep fake”. E ricordiamo tutti gli esempi di immagini frutto dell’AI in cui il Papa indossava un piumino bianco, Trump arrestato, con tanto di tuta arancione, Macron in lotta coi manifestanti.
Quel che sta accadendo in Open AI con le vicissitudini del fondatore, Sam Altman, forse porterà nuovi temi di discussione e nuovi elementi di attenzione. Da manager della complessità in una società iperconnessa, continueremo a presidiare il tema.
Ricordo con preoccupazione quanto anche i miei colleghi giornalisti rischiano involontariamente e siano esposti al dare credito alla disinformazione. Mi viene in mente quando la Russia invase l’Ucraina e arrivarono nei media internazionali delle immagini di un videogioco di guerra, contrabbandate da reportage dai luoghi degli scontri. E, più recentemente, la smentita (vera o presunta) della decapitazione di bambini inermi da parte di Hamas. Sappiamo bene che la prima vittima della guerra è la verità…
Il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici – in vigore dalla metà di luglio scorso – porta con sé degli spunti di riflessione interessanti: anzitutto, ancora una volta il tema della sicurezza informatica e, con essa, la possibilità da parte dei dipendenti di poter usare i dispositivi dell’azienda per piccole questioni personali, certo non per trascorrere la giornata a fare shopping online o sui siti di incontri…
Ma c’è un tema che rilevo come una svolta epocale: il leggere nella responsabilità e consapevolezza – anche fuori dell’orario di lavoro – della pubblicazione o nella condivisione di contenuti sui propri account che possono compromettere l’immagine e la reputazione della PA. Sicuramente è un tema culturale prima che giuridico e, per come è formulato, potrebbe creare dei contenziosi, andando a toccare la carne viva dei diritti costituzionali. Occorre discernimento e, ancora, per dirla con il Presidente della Repubblica, in risposta a come combattere disinformazione e fake news: responsabilità e consapevolezza.
AVETE IN PROGRAMMA EVENTI PER IL 2024?
Tra gli appuntamenti in cantiere – oltre al fitto calendario online e in presenza in tutta Italia – stiamo preparando per il prossimo 21 marzo a Roma il nostro annuale incontro di approfondimento sulla cultura della comunicazione pubblica e istituzionale, nella dimensione europea. Nel nostro Dna c’è infatti l’identità comunitaria, frutto anche di continui confronti e azioni condivise con i colleghi degli altri Paesi, alle prese con tematiche e sfide analoghe alle nostre in Italia.
Giuliana Gagliardi
DiPLANET.Tech