Manager Room | L’Unione Europea mette i costruttori “al verde”
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Per fare chiarezza su questo complicato panorama, interviene nella nostra Manager Room l’ingegner Riccardo BOMBELLI, amministratore unico dell’impresa edile Bombelli Giuseppe di Riccardo sas, di Venegono Superiore e vicepresidente di ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) di Varese, con delega per la tecnologia e l’innovazione e coordinatore della commissione tecnologia e innovazione per ANCE Lombardia.
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La direttiva Case Green europea sicuramente è un elemento estremamente importante per il settore delle costruzioni, ma andrà gestito con le dovute cautele. Il nostro governo avrà due anni per recepire la direttiva. Solo allora capiremo se effettivamente sarà uno strumento strategico per il nostro settore, oppure un boomerang, come abbiamo potuto verificare per i bonus che abbiamo avuto negli ultimi tre anni.
L’Italia è pronta a questo adeguamento?
Se facciamo riferimento al punto di vista tecnico, delle competenze e delle conoscenze delle imprese, sicuramente sì. Ciò è stato anche dimostrato negli ultimi anni con le opere di riqualificazione eseguite in regime di superbonus o comunque inerenti alle altre agevolazioni in essere. Le nostre imprese hanno dimostrato di essere in grado di affrontare questa sfida. Ovviamente, è necessario un piano industriale efficiente che la politica deve approntare per affrontare questo percorso. Stiamo vivendo ancora oggi tutta la confusione che si è generata all’interno delle varie agevolazioni, dal bonus facciate al bonus casa, oltre al 110% che ha finito per vanificare la loro efficacia. Mille modifiche, mille controversie che hanno creato tantissimi problemi alle nostre aziende e ai cittadini; e anziché districare la matassa si è deciso di eliminare le agevolazioni già approvate o di intervenire rendendole inapplicabili. Questo ci fa temere la mancanza di una programmazione e di una visione di lungo periodo. Elemento assolutamente fondamentale se vogliamo raggiungere i traguardi 2030 2050.
Quello che ci rovina è la burocrazia e i “tempi stretti”?
Esatto…
Fra i Paesi europei, l’Austria si sta dimostrando fra i più all’avanguardia in materia di Edilizia Sostenibile che punta, soprattutto, su quattro tematiche: Ambiente, Energia, Efficienza e Costruzioni/Infrastrutture. In primo piano anche la gestione dei rifiuti, riciclaggio, economia circolare, energie rinnovabili, edifici efficienti dal punto di vista energetico, materiali da costruzione innovativi e tecniche costruttive all’avanguardia. Sono in prima fila anche altri Paesi quali: Bulgaria, Slovenia, Nigeria, Slovacchia, Romania, Polonia. I costruttori italiani, lombardi in primis, che parte hanno in questo contesto?
Fare una classifica è abbastanza difficile. Io posso dire che l’Italia per quanto riguarda le imprese è sicuramente all’avanguardia. Oggi ci ritroviamo all’interno di un mercato particolarmente effervescente per quanto concerne materiali innovativi, tecniche e tecnologie che mai prima avevano avuto. Per questo le Imprese, anche attraverso ANCE, stanno effettuando dei percorsi di implementazione delle conoscenze e di formazione continua. Le imprese sono anche concordi e convinte che il punto fondamentale nel processo di rigenerazione è l’efficientamento profondo degli edifici: dobbiamo ridurre ai minimi termini il fabbisogno energetico delle nostre abitazioni per soddisfarlo solo con le energie rinnovabili.
Questi paesi che abbiamo citato, secondo lei quali punti di forza hanno più di noi? Hanno maggiore disponibilità di materie prime, una burocrazia più snella e aziende più organizzate. Qual è il punto di forza rispetto a noi in questo settore?
Forse, culturalmente, loro sono partiti molto prima con l’idea del Green e delle energie rinnovabili, Anche perché in Italia abbiamo una peculiarità che non riscontriamo negli altri paesi europei, ovvero la parcellizzazione delle proprietà edilizie. Noi abbiamo tantissimi proprietari di casa, un mercato immobiliare troppo frammentario.
Se in Italia in un condominio di 20 appartamenti, quando va bene, abbiamo 15 proprietari, nel resto d’Europa il proprietario è unico. Le proprietà appartengono in larga parte a fondi, assicurazioni, banche che possono decidere in autonomia e sono quindi molto sensibili al mantenimento del valore del bene nel tempo. In Italia, invece, mettere d’accordo tanti proprietari diventa davvero difficile, per cui il percorso verso la riqualificazione rimane più complicato. Per questo risulta necessario un sistema incentivante efficace dove la possibilità di cedere il credito è determinante.
La direttiva dell’Unione europea case green prevede la realizzazione di un parco immobiliare a emissione zero entro il 2050. Lei pensa che questo sarà raggiungibile in Italia?
Probabilmente in Europa siamo quelli che hanno il patrimonio immobiliare più vecchio e anche dal punto di vista energetico il peggiore. Perché oltre il 75% degli edifici esistenti in Italia sono stati costruiti prima del 1980, di fatto prima che entrassero in vigore tutte le prime normative sul contenimento energetico.
Partendo quindi da un livello qualitativo basso, riuscire ad efficientare tutto il costruito in termini di decarbonizzazione entro il 2050 potrebbe risultare un traguardo ambizioso. Ma anche il tempo rimanente per ridurre del 16% i consumi energetici primari del parco immobiliare entro il 2030 o il 20 e il 22% entro il 2035 potrebbe essere troppo ristretto visto che l’unione Europea ha concesso agli Stati membri 2 anni di tempo per recepire la direttiva. Per cui si potrà operare con un quadro normativo, si spera, definito solo dalla fine 2026. Questo implica che in poco più di tre anni dobbiamo fare un’opera di riqualificazione imponente.
Lei dice che l’Italia non sarà pronta per questa data.
Come detto, i tempi sono sicuramente stretti. Sarebbe opportuno fare una precisa valutazione tecnico-economica e redigere un programma di intervento per capire quali sono i traguardi effettivamente raggiungibili e, se necessario, trattare eventuali soluzioni alternative per evitare poi difficoltà.
In questi anni si è parlato anche di fotovoltaico che, però, in Italia non ha avuto un grande successo. Ora, il tema si ripropone con maggiore attenzione. In Italia si prevede, addirittura, l’obbligatorietà del fotovoltaico per gli edifici pubblici di nuova costruzione. Quanto potrà influire l’uso dei pannelli fotovoltaici nella risposta all’adeguamento Green Tech?
Il sistema fotovoltaico è, tra le fonti di energia rinnovabile, il più facile da applicare e forse anche meno costoso. Se l’impianto viene installato in edifici estremamente efficienti, accoppiato con sistemi di accumulo, non solo soddisferà il fabbisogno dell’edificio, ma produrrà energia in eccesso che potrà essere ceduta. Se questo edificio risulterà all’interno di una comunità energetica sarà un edificio produttore a beneficio di altri edifici utilizzatori che magari, per motivi tecnici, non potranno raggiungere standard di efficientamento particolarmente efficaci.
Ricordiamo che in Italia c’è la possibilità di istituire sul territorio delle comunità energetiche, ovvero dei gruppi di costruzioni allacciati alla rete. Alcuni producono energia, altri la utilizzano. Se ci sono edifici, anche industriali, che riescono a produrre più energia di quella che consumano, questa energia può essere sfruttata dagli altri edifici. Dunque, il fotovoltaico all’interno delle comunità energetiche potrebbe essere la sicuramente un elemento significativo nel processo di decarbonizzazione.
Perché in Italia, secondo lei, il fotovoltaico non ha avuto il successo che ha avuto in altri paesi?
Perché non c’è stata una politica incentivante adeguata o comunque un obbligo di legge. Negli altri Paesi si sono avute maggiori facilitazioni per gli investimenti, favoriti anche da una cultura ‘green’ più sviluppata.
L’Italia ha tanti edifici meravigliosi, un patrimonio storico invidiabile… Purtroppo la maggior parte delle nostre case, soprattutto nelle piccole città e nei paesi si trova in condizioni abbastanza trascurate. Abbiamo anche il problema che l’Italia è una zona purtroppo ad alto rischio sismico. Quando Bruxelles ha emanato queste regole ha forse trascurato di considerare le caratteristiche di questo nostro paesaggio?
Nell’ultima versione dell’EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) si lascia ampio spazio di autonomia agli Stati membri in fase di recepimento della direttiva. Per cui sarà compito del nostro governo strutturare una normativa soddisfacente che tenga conto delle peculiarità del nostro patrimonio immobiliare, anche e soprattutto delle caratteristiche storico-artistiche, nonché delle problematiche sismiche del territorio Italiano.
Le nostre imprese di costruzioni quali passi dovranno attuare anche per favorire l’accelerazione di tutto questa procedura?
Stiamo già facendo molto anche per implementare competenze e conoscenze, non ultima la digitalizzazione delle nostre imprese. Pensiamo all’obbligo che prevede dal 1° gennaio 2025 l’implementazione del BIM (Building Information Modeling), cioè la procedura digitalizzata per quanto riguarda la progettazione delle opere pubbliche superiori a un milione di euro.
Quanto influisce la digitalizzazione per un’impresa come la sua nel settore delle costruzioni? Sappiamo che gli architetti utilizzano anche l’intelligenza artificiale.
Ma sicuramente è un tema strategico e riveste, un’importanza fondamentale perché significa più qualità nelle procedure, più controllo, più sicurezza. E, si spera, anche più marginalità, tema delicato per le imprese. L’aspetto più problematico, soprattutto per chi fa lavori pubblici, è il confronto con la pubblica amministrazione perché il percorso di digitalizzazione funziona ed è efficiente se è correttamente recepito da tutta la filiera. A partire dalla committenza passando, per i progettisti, fino alle imprese e a coloro che si occuperanno del facility management. Ma prima tra tutti la questione impegna la committenza e quando la committenza è pubblica qualche criticità esiste.
ANCE Lombardia ha organizzato poco tempo fa, in collaborazione con la Regione Lombardia, un convegno sul Bim quindi sulla digitalizzazione del processo edile in ambito pubblico, obbligatorio dal 1 gennaio 2025 per appalti da 1.000.000 di euro in su. In quel contesto la stessa ANCI (associazione dei comuni italiani) ha ammesso che dal punto di vista dell’amministrazione pubbliche questo è un tema un po’ delicato, perché la preparazione non c’è ancora, o perlomeno non a livelli sufficienti, e il percorso per portare i tecnici comunali o comunque le stazioni appaltanti alla competenza necessaria sembra essere ancora lungo. Il tema dell’intelligenza artificiale porterà cambiamenti epocali in tutto il processo. Ma è un percorso che è ancora agli inizi. Questo impone ovviamente anche dei nuovi investimenti sopratutto nella formazione del personale. I costruttori sanno che la formazione continua è il sale delle attività delle nostre aziende. E’ per questo che ANCE propone costantemente corsi di aggiornamento su ogni aspetto alle Imprese associate.
La sua attività di costruttore sta adottando questi strumenti?
Ricercatori del Politecnico di Milano hanno studiato l’uso di reti neurali per il risk management in edilizia, al fine di prevenire rischi di progetto come sovraccosti e ritardi. Nella fase di progettazione, l’AI può supportare architetti e progettisti attraverso il generative design e l’integrazione con il BIM per esplorare variazioni progettuali. Durante la costruzione, il deep learning può essere usato per prevedere il superamento dei costi e valutare danni strutturali. Nell’ambito dei rifiuti da costruzione e demolizione, l’AI può essere impiegata per prevederne la produzione e selezionarli automaticamente e favorire il riciclo. Questi sono solo i primi esempi della capacità dell’AI di influenzare le attività di comparto.
Un consiglio che lei può dare alle famiglie, ai proprietari di immobile per mettersi in regola con le normative Ue.
Consiglio, innanzitutto, quando si intraprende un percorso di riqualificazione di un edificio, di affidarsi a imprese competenti che abbiano una storia alle spalle. In regime di Bonus Edilizi quasi 11.000 imprese coi codici ATECO (codice di classificazione delle Attività Economiche) e dell’edilizia sono sorte dal nulla. Senza alcun tipo di conoscenza e di competenza hanno svolto interventi di riqualificazione energetica anche di grandi dimensioni, con chiari problemi di affidabilità, qualità e sicurezza. Aziende che sono poi sparite lasciando inevase tutte le problematiche create.
Quindi, nell’ambito della riqualificazione energetica è di fondamentale importanza affidarsi a chi è in grado di garantire sicurezza, qualità e durabilità. All’interno di ANCE sono moltissime le imprese che si occupano da molti anni di riqualificazione energetica con competenza.
Giuliana Gagliardi
DiPLANET.Tech