
Manager Room | SIMONE PUORTO: Innovazione tra AI e Metaverso
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Simone Puorto è un consulente esperto di intelligenza artificiale, Web3 e metaverso, scrittore e board advisor per una dozzina di società tech in tutto il mondo, tra cui BWG, RobosizeME, Sleap, Vision, GAIN e KIRE. È fondatore dello studio di consulenza Travel Singularity e di Rebyū. Ha organizzato Polybius, il primo evento di hospitality nel metaverso al mondo. In campo accademico, è docente MBA in diverse istituzioni europee, come 24Ore Business School, LUISS, IULM, Ca’ Foscari, Università di Parma, Swiss Hotel Management School e IMHI. È molto apprezzato anche per il suo impegno per l’uso etico dell’AI. Studioso di Buddhismo Sōtō Zen, si (auto)definisce un “bodhisattva digitale.
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L’ondata di interesse per l’intelligenza artificiale nel 2023, in particolare grazie al successo di ChatGPT, ha un po’ “sbiadito” quello nei confronti del Metaverso. Oggi si torna a parlare del suo utilizzo nel settore industriale e non solo in quello legato al gaming o all’entertainment come in passato. Ci sono differenze sostanziali: l’AI ha applicazioni più concrete e tangibili per le aziende, mentre il metaverso è ancora un concetto astratto. Tuttavia, anche per l’AI alcune aziende hanno commesso errori simili a quelli fatti con il metaverso, investendo senza una vera strategia. L’AI generativa potrà contribuire alla creazione di mondi virtuali tridimensionali e “virtual beings” per il metaverso. In generale, l’interesse a lungo termine per l’AI potrebbe essere positivo per il metaverso, mentre l’ondata mediatica del 2021/2022 sul metaverso ha creato più confusione che chiarezza. L’AI rimane uno strumento; la domanda chiave per le aziende è come utilizzarla per risolvere problemi e creare valore per gli utenti.
Come giudichi questo atteggiamento? Il metaverso si sta veramente avviando verso una nuova fase che rivaluta concretamente le sue potenzialità?
L’attuale narrativa intorno al metaverso solleva questioni riguardanti la natura ciclica dell’innovazione tecnologica e le reazioni, altrettanto cicliche e sempre divise tra hype e tecnoscetticismo, della società di fronte ai nuovi paradigmi. L’anno scorso era l’intelligenza artificiale generativa, quello prima il metaverso, avanti la cryptoarte e gli NFT, prima ancora le criptovalute, l’IoT, gli smart speaker, ecc. Sebbene le tecnologie cambino, le preoccupazioni, le speculazioni e le aspettative tendono a riproporsi in un modello riconoscibile e prevedibile. Tempora mutantur, nos et mutamur in illis, ma alle volte no, noi non cambiamo con essi. Citando Floridi, ciò che unisce tecnoentusiasti e tecnofobici è una immutabile domanda: “Cosa ci sarà dopo?”. Analogamente a quanto accaduto per il web alla fine degli anni ’90 e per l’AI negli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo, tuttavia, il metaverso potrebbe beneficiare di una stagione di minor visibilità mediatica, permettendogli di raggiungere una maturità tecnologica più solida. Durante questo periodo di transizione, molte aziende potrebbero sparire, essere acquistate, o modificare radicalmente la loro strategia. Tuttavia, è ragionevole immaginare un futuro, neanche troppo lontano, in cui il metaverso supererà l’attuale fase di empasse, caratterizzata da aspettative esagerate e risultati non consolidati.
Secondo te, perché questa “diffidenza”?
Nel “Il salmone del dubbio: L’ultimo giro in autostop per la galassia”, Douglas Adams definì le regole sulle reazioni umane alle tecnologie: «Qualunque cosa esista nel mondo quando nasciamo, ci pare normale e usuale e riteniamo che appartenga per natura al funzionamento dell’Universo. Qualunque cosa sia stata inventata nel ventennio intercorso tra i nostri quindici e i nostri trentacinque anni è nuova ed entusiasmante e rivoluzionaria e forse rappresenta un campo in cui possiamo far carriera. Qualunque cosa sia stata inventata dopo che abbiamo compiuto trentacinque anni va contro l’ordine naturale delle cose». Non riesco a pensare a migliore citazione per descrivere la resistenza al cambiamento da parte del nostro settore, il cui management, purtroppo, appartiene in larga parte alla terza fazione. La chiusura mentale, la mancanza di immaginazione e questa fiducia incrollabile nello status quo mal convivono con la realtà in cui viviamo, nella quale la velocità di innovazione tende a essere, come abbiamo visto, esponenziale piuttosto che lineare. Gli analfabeti del XXI secolo, profetizzava il futurista Alvin Toffler mezzo secolo fa, non saranno quelli che non sapranno leggere e scrivere, ma quelli che non saranno in grado di disimparare e reimparare. Questo processo di disapprendimento è un punto cardine del pensiero futurista (nell’accezione tecnologica, non marinettiana) e del metodo scientifico in generale: per comprendere la realtà, bisogna tornare alla maieutica socratica. Il sapere di non sapere come unico sapere possibile. Solo quando ci si libera dall’arroganza delle sovrastrutture mentali allora ci si riallinea con il divenire e si accetta, senza temerlo, il cambiamento.

Quali settori, secondo te, potranno trarre maggiore vantaggio dall’uso del Metaverso?
Tutti. Il metaverso rappresenta un insieme di tecnologie e esperienze pre-esistenti. Per questo ribadisco che il metaverso non è altro che internet. Perché, in sostanza, quando interagiamo con elementi che non sono esclusivamente fisici e ci immergiamo in un mondo amplificato dalla tecnologia, ci troviamo nel metaverso. Il metaverso, insomma:
– Non è realtà digitale.
– Non è realtà aumentata.
– Non è realtà virtuale.
– Non è realtà mista.
– Non è realtà estesa.
– È, semplicemente, realtà.
In una prospettiva puramente filosofica, il metaverso rappresenta la convergenza, graduale e inarrestabile, tra il mondo digitale e quello fisico-percepibile (diminuito?), suggerendo una visione della realtà più fluida e inclusiva. In questo quadro, il metaverso e la realtà fisica si fondono in un continuum di esperienze, rendendo meno rilevanti o addirittura obsolete le distinzioni tra virtuale e reale.
Si tratta di un percorso nuovo e definitivamente accettato o, soltanto, di un esperimento?
Si tratta di pura evoluzione. Non rivoluzione. Non hype. Semplice evoluzione. Ti faccio un esempio: la prima aula universitaria nel metaverso è stata costruita da una mia studentessa, Giulia Sichel, all’Università di Parma. Aula B del plesso universitario D’Azeglio, per l’esattezza. I ragazzi ci entrano, ci studiano. È reale quanto la conversazione che stiamo avendo noi due in questo momento. La sfida è filosofica, non tecnologica. E sta nel superare la dicotomia tra reale e virtuale, adeguando gli obiettivi e le strategie di marketing per sfruttare le opportunità del metaverso.
Mi potresti indicare il nome di industrie che sono molto attive nell’uso di AI e Metaverso?
Porrei la domanda in maniera diversa. Tra dieci anni, ci guarderemo indietro proveremo a ricordarci il nome delle industrie che oggi NON sono attive nell’uso di AI e metaverso. E credo che non ce le ricorderemo. Perché saranno, nel frattempo, fallite. È puro e semplice (sebbene brutale) tecno-darwinismo.
Giuliana Gagliardi
DiPLANET.Tech


