
SPID: gratis fino al 2030, poi la beffa digitale per milioni di italiani
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Immaginate di svegliarvi domani e scoprire che la vostra chiave per il mondo digitale – il SPID, nato per semplificare la vita – improvvisamente richiede un abbonamento annuale. Provider come Aruba, Infocert e Register.it hanno già iniziato a chiedere dai 5,98 ai 9,90 euro, offrendo un “call center VIP” per giustificare il conto. Namirial fa ancora peggio: il servizio “Lite” resta gratuito solo per i privati, mentre per la Pubblica Amministrazione è necessario pagare il Full o rinunciare ai servizi pubblici digitali.
Lanciato nel 2016 come simbolo della digitalizzazione italiana, SPID era gratuito grazie a 40 milioni di euro di fondi pubblici destinati a sostenere i provider privati. Ma nel 2025, con lo stop dei finanziamenti, l’AgID approva i “modelli premium”, lasciando milioni di cittadini esposti: dal bonus INPS alla prenotazione vaccini, tutto a rischio per appena 6-10 euro.
Per fortuna, Poste ID rimane gratuito fino al 2030, come conferma il Ceo Matteo Del Fante: “Il mercato va altrove, ma noi restiamo”. Con il 70% degli utenti italiani, Poste può permettersi il lusso della gratuità – almeno per ora. Tim, Lepida, Sielte, TeamSystem e Infocamere seguono il modello free, ma migrare è complesso e il rischio phishing è alto. Provider gratuiti oggi potrebbero diventare a pagamento domani, mentre lo Stato tace.
Questa situazione evidenzia un fallimento sistemico: dove sono i wallet digitali europei, la blockchain per identità sovrane o l’AI per verifiche a costo zero? Invece di innovare, l’Italia ricicla un modello del 2016. Il cittadino deve controllare scadenze, migrare su Poste ID o CIE (Carta d’Identità Elettronica) e pretendere un SPID davvero pubblico e gratuito, altrimenti la “trasformazione digitale” italiana resta solo un conto da 10 euro.