
Quando la tecnologia dice Basta: l’IA scende in campo per Salvare le Donne
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“Ci stanno ammazzando al ritmo di una al giorno”.
Denuncia, in un suo articolo del 16 maggio scorso, il Sole 24 Ore, riferendo che “Quasi sette italiane su dieci – il 67,3%, per la precisione – hanno paura a tornare a casa di sera o di notte. Inoltre, l’81% afferma che «negli ultimi cinque anni girare per strada è diventato più pericoloso». Un fenomeno che si aggrava di giorno in giorno, riempiendo le cronache di news inquietanti che riguardano omicidi, stupri e maltrattamenti in famiglia.
Che fare? Anche l’Intelligenza artificiale può fare la sua parte con una serie di app che possono aiutare a difendersi in casi di emergenza.
Il Caso VioGén in Spagna
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale si sta rivelando un alleato prezioso nella lotta contro la violenza domestica, soprattutto a danno delle donne. Un esempio pionieristico arriva dalla Spagna, dove il sistema VioGén (Gender Violence Monitoring System), sviluppato dal Ministero degli Interni, è diventato uno strumento chiave per la prevenzione e la gestione dei casi di violenza di genere.
Attivo già dal 2007, rappresenta il primo sistema nazionale che utilizza algoritmi predittivi per valutare il rischio di aggressioni e guidare le decisioni operative di forze dell’ordine e magistratura. Attraverso un questionario strutturato, il sistema raccoglie informazioni su fattori di rischio come uso di armi, problemi economici e comportamenti di controllo, assegnando un livello di rischio che va da trascurabile a estremo. In base al punteggio, vengono attivate misure di protezione calibrate, dalla sorveglianza continua a semplici chiamate di follow-up.
Secondo le autorità spagnole, VioGén ha contribuito a ridurre del 25% le aggressioni, dimostrando l’efficacia di un approccio integrato e data-driven.
L’esperienza della Spagna, mostra come l’IA possa rivoluzionare la prevenzione della violenza di genere, ma anche quanto sia fondamentale continuare a investire in ricerca, formazione e collaborazione interdisciplinare.
In Sudafrica, dove la violenza contro le donne rappresenta una vera emergenza nazionale, intervengono addirittura le sex worker: una prostituta di Johannesburg, conosciuta come Peaches, ha contribuito allo sviluppo di una nuova app basata sull’intelligenza artificiale per aiutare le vittime di abusi fisici e sessuali. L’app, realizzata con il supporto dell’associazione GRIT (Gender Rights In Tech), è dotata di un pulsante antipanico che attiva la sicurezza privata, uno spazio sicuro per archiviare prove digitali contro l’aggressore e un centro risorse.
Elemento distintivo dell’app è il chatbot Zuzi, alimentato da IA, che offrirà supporto e informazioni alle utenti. L’app – gratuita – è stata presentata ufficialmente all’AI Action Summit di Parigi ed è finanziata da donazioni internazionali. Funziona anche offline e offre una mappa di cliniche e rifugi, oltre a una cassaforte digitale per documenti e prove. Ad oggi conta già 12.000 utenti e punta a superare le barriere sociali e tecnologiche che spesso impediscono alle vittime di chiedere aiuto.
In talia, la Polizia di Stato ha messo a disposizione YouPol, un’app gratuita sviluppata per contrastare fenomeni come bullismo, spaccio di droga e violenza domestica. Le sue caratteristiche principali comprendono l’invio di segnalazioni in modalità anonima o registrata con contenuti multimediali (video, audio, immagini e testo) direttamente alla sala operativa della Polizia.
All’interno degli uffici della Squadra Mobile della Questura di Milano, pochi giorni fa, è stata addirittura allestita “Una stanza tutta per sé”, dove le vittime di violenza possono denunciare gli abusi subiti in totale sicurezza.
Purtroppo, sempre più donne in Italia vivono con ansia l’idea di uscire da sole, soprattutto di notte, come confermano i dati ISTAT e l’aumento delle chiamate ai numeri di emergenza. Per rispondere a questa esigenza, sono nate numerose applicazioni gratuite che sfruttano smartphone e innovazione digitale per aumentare la sicurezza personale.
Tra queste spicca Viola, una startup italiana che offre un servizio di videochiamata attivo 24 ore, sette giorni su sette, per accompagnare virtualmente le donne nei loro spostamenti notturni, grazie a una community di volontari. Pinkroad, sviluppata a Torino, permette di segnalare situazioni di pericolo e condividere percorsi sicuri tra utenti. Altre app come Wher, Guardian Safely Around, EchoSOS, Where Are U offrono servizi di navigazione sicura, allerta ai contatti di fiducia, collegamento diretto con i soccorsi e supporto specializzato contro violenza e stalking.
La tecnologia si dimostra un valido alleato per la sicurezza delle donne e delle persone fragili, ma è fondamentale continuare a promuovere un cambiamento culturale che consenta a tutte di muoversi liberamente e senza paura.
Qualcuno, suggerisce addirittura di mandare le donne a frequentare “corsi di autodifesa Krav Maga” gestiti con il supporto della Ai.
Il Krav Maga è un sistema di combattimento e autodifesa nato in Israele nella metà del XX secolo, ideato per essere rapido da apprendere e finalizzato alla difesa personale efficace in situazioni reali di pericolo. Il termine in ebraico moderno significa letteralmente “combattimento con contatto” o “combattimento corpo a corpo”.
L’integrazione di IA e Krav Maga apre la strada a una difesa personale più accessibile e tecnologicamente avanzata. Ad esempio, corsi di autodifesa possono essere supportati da app che monitorano i progressi, suggeriscono esercizi specifici e forniscono feedback in tempo reale. Inoltre, dispositivi indossabili intelligenti possono rilevare segnali di stress o pericolo, attivando automaticamente allarmi o contatti di emergenza.
Di certo, l’intelligenza artificiale non basta a eliminare il fenomeno della violenza sulle donne, ma permette di analizzare grandi quantità di dati e individuare pattern predittivi, offrendo un supporto oggettivo e tempestivo agli operatori. Tuttavia, il sistema non è infallibile: recenti inchieste hanno evidenziato casi di vittime erroneamente classificate a basso rischio, con conseguenze anche fatali. Gli algoritmi, infatti, possono commettere errori soprattutto in presenza di informazioni incomplete o distorte. La prevenzione efficace richiede quindi una sinergia tra strumenti digitali, formazione degli operatori e una rete di supporto sociale.
Giuliana Gagliardi
Chief Editor DiPLANET.Tech
